Il saggio si dedica allo studio della natura e dei caratteri degli spiriti contemplativi che nel Paradiso dantesco sono ospitati nei canti ambientati nel cielo di Saturno. La presenza di Pier Damiano dimostra tuttavia che ogni superamento del grado precedente di perfezione presuppone però sempre la sua conquista e il suo possesso irreversibile, e quindi le anime contemplanti si dotano anche delle virtù della vita attiva trattate nei cieli sottostanti. Lo dimostra, nella seconda parte del canto, il focoso impulso combattivo dello stesso Pier Damiano contro le degenerazioni dei prelati, in modo da fare convivere in sé la vocazione dell’asceta e l’energia battagliera del riformatore, sancendo così la convivenza della vocazione mistica e della determinazione di vedere estirpati i vizi terreni della Chiesa. Sono appunto questi i due connotati del canto XXI, per la compresenza di un’aura spirituale di gioiosa beatitudine e insieme di aspra e sarcastica condanna degli ecclesiastici che tralignano. Sotto quest’ultimo punto di vista non c’è quindi soluzione di continuità tra il cielo di Saturno e gli altri tre che lo precedono dove, nei canti centrali del Paradiso, si dispongono momentaneamente i beati che hanno praticato cristianamente e in massimo grado le quattro virtù cardinali. In questo modo la ricerca supera la logica talvolta miope delle Lecturae Dantis, perché anziché considerare il canto XXI come una monade lo si mette in relazione con quelli che lo precedono, mettendo in luce non solo la continuità ma anche l’incremento del grado di beatitudine, visibile nell’accresciuta bellezza di Beatrice e nell’innalzamento dei canti celestiali, che però giungono a Dante in absentia, come si conviene a una forma di teologia negativa quanto mai appropriata alle anime che giunsero a contemplare la visione eterna della divinità macerando i loro sensi mortali e isolandosi dal mondo per vivere integralmente di solitudine e di preghiera. Per un paradosso proprio di una prospettiva mistica, il possesso della beatitudine avviene per sottrazione e la ricerca mette a fuoco le tecniche espressive di questa retorica del silenzio, mettendo a confronto la situazione del cielo di Saturno con la Regula di san Benedetto e con gli scritti di Pier Damiano, il quale, denunciando i pericoli mortali della loquacità, ammoniva che «viri perfectio in verbi custodia ponitur».

Canto XXI. L’incontro con Pier Damiano / Battistini, A.. - STAMPA. - 1:(2015), pp. 616-641.

Canto XXI. L’incontro con Pier Damiano

BATTISTINI, ANDREA
2015

Abstract

Il saggio si dedica allo studio della natura e dei caratteri degli spiriti contemplativi che nel Paradiso dantesco sono ospitati nei canti ambientati nel cielo di Saturno. La presenza di Pier Damiano dimostra tuttavia che ogni superamento del grado precedente di perfezione presuppone però sempre la sua conquista e il suo possesso irreversibile, e quindi le anime contemplanti si dotano anche delle virtù della vita attiva trattate nei cieli sottostanti. Lo dimostra, nella seconda parte del canto, il focoso impulso combattivo dello stesso Pier Damiano contro le degenerazioni dei prelati, in modo da fare convivere in sé la vocazione dell’asceta e l’energia battagliera del riformatore, sancendo così la convivenza della vocazione mistica e della determinazione di vedere estirpati i vizi terreni della Chiesa. Sono appunto questi i due connotati del canto XXI, per la compresenza di un’aura spirituale di gioiosa beatitudine e insieme di aspra e sarcastica condanna degli ecclesiastici che tralignano. Sotto quest’ultimo punto di vista non c’è quindi soluzione di continuità tra il cielo di Saturno e gli altri tre che lo precedono dove, nei canti centrali del Paradiso, si dispongono momentaneamente i beati che hanno praticato cristianamente e in massimo grado le quattro virtù cardinali. In questo modo la ricerca supera la logica talvolta miope delle Lecturae Dantis, perché anziché considerare il canto XXI come una monade lo si mette in relazione con quelli che lo precedono, mettendo in luce non solo la continuità ma anche l’incremento del grado di beatitudine, visibile nell’accresciuta bellezza di Beatrice e nell’innalzamento dei canti celestiali, che però giungono a Dante in absentia, come si conviene a una forma di teologia negativa quanto mai appropriata alle anime che giunsero a contemplare la visione eterna della divinità macerando i loro sensi mortali e isolandosi dal mondo per vivere integralmente di solitudine e di preghiera. Per un paradosso proprio di una prospettiva mistica, il possesso della beatitudine avviene per sottrazione e la ricerca mette a fuoco le tecniche espressive di questa retorica del silenzio, mettendo a confronto la situazione del cielo di Saturno con la Regula di san Benedetto e con gli scritti di Pier Damiano, il quale, denunciando i pericoli mortali della loquacità, ammoniva che «viri perfectio in verbi custodia ponitur».
2015
Cento canti per cento anni, III. Paradiso, 2. Canti XVIII-XXXIII
616
641
Canto XXI. L’incontro con Pier Damiano / Battistini, A.. - STAMPA. - 1:(2015), pp. 616-641.
Battistini, A.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/481975
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