Il libro studia, badandosi su documentazione inedita, il rapporto tra politica e religione durante la violenza politica in Argentina nei circa vent’anni coperti dalle due dittature militari (1966 – 1973 e 1976 - 1983) e dal governo costituzionale peronista che le divide (1973 – 1976). Nel farlo, il primo elemento di originalità, che lo distingue dalla letteratura esistente su tale tema ed è frutto dei miei numerosi studi sull’argomento, sta nella domanda che affronta. Non si chiede infatti “di chi è la colpa” della violenza e del suo culmine più atroce, i desaparecidos, ma “come fu possibile”. Se tale è la domanda, ancor più originale è la risposta. Chiave di essa, infatti, è proprio il peculiare intreccio tra sfera politica e religiosa nella storia argentina. Detto in breve: un po’ per il peso della tradizione coloniale, basate sull’unanimità cattolica, molto per reazione alla domanda di un collante nazionale alimentata dall’alluvione migratorio da cui è nata l’Argentina moderna, il mito nazionale argentino ha palesato fin dal XIX secolo una sorta di “sindrome dell’unanimità”, a sua volta tradottasi in una vera e propria “ossessione identitaria”. La prima ha reso particolarmente ostica la transizione da un ordine unanimista a un ordine pluralista e la seconda ha trovato naturale sbocco nel “mito della nazione cattolica”, ossia nell’idea che ancor prima che una comunità politica e istituzionale, l’Argentina è una comunità di spirito. Ciò ha inibito due cose chiave dei processi di modernizzazione: la separazione della sfera politica dalla sfera religiosa e la maturazione di uno Stato di diritto libero da un’ipoteca religiosa che lo tuteli. Se tale è la (originalissima!) lettura della peculiarità storica argentina, altrettanto originale è la interpretazione della feroce violenza politica che ha afflitto il paese negli anni ’60 e ’70 e della barbarie cui è giunta. Tale conflitto è infatti letto come una “guerra di religione”, tra istituzioni e correnti ideologiche (i militari, la chiesa, il peronismo, il sindacalismo, il nazionalismo) che ritenendosi depositarie del monopolio del mito unanimista della nazione cattolica, si sono combattute invocando tutte la cattolicità della nazione, Dio e il vangelo ritenendoli valori superiori allo Stato di diritto. Solo quando la violenza ha raggiunto durante l’ultima dittatura militare limiti di disumanità impensabili, s’è sviluppata nel paese e nella stessa Chiesa una corrente di riflessione sulle virtù dello Stato di diritto e i danni del mito nazional cattolico. La figura dell’attuale Papa, infine, pur non essendo centrale nella narrazione, spicca perché frutto coerente di tale evoluzione della Chiesa argentina: sia in quanto deciso fautore del mito della nazione cattolica, sia in quanto consapevole di quant’esso finì per lacerare la Chiesa e il paese

La nazione cattolica. Chiesa e dittatura nell'Argentina di Bergoglio

ZANATTA, LORIS
2014

Abstract

Il libro studia, badandosi su documentazione inedita, il rapporto tra politica e religione durante la violenza politica in Argentina nei circa vent’anni coperti dalle due dittature militari (1966 – 1973 e 1976 - 1983) e dal governo costituzionale peronista che le divide (1973 – 1976). Nel farlo, il primo elemento di originalità, che lo distingue dalla letteratura esistente su tale tema ed è frutto dei miei numerosi studi sull’argomento, sta nella domanda che affronta. Non si chiede infatti “di chi è la colpa” della violenza e del suo culmine più atroce, i desaparecidos, ma “come fu possibile”. Se tale è la domanda, ancor più originale è la risposta. Chiave di essa, infatti, è proprio il peculiare intreccio tra sfera politica e religiosa nella storia argentina. Detto in breve: un po’ per il peso della tradizione coloniale, basate sull’unanimità cattolica, molto per reazione alla domanda di un collante nazionale alimentata dall’alluvione migratorio da cui è nata l’Argentina moderna, il mito nazionale argentino ha palesato fin dal XIX secolo una sorta di “sindrome dell’unanimità”, a sua volta tradottasi in una vera e propria “ossessione identitaria”. La prima ha reso particolarmente ostica la transizione da un ordine unanimista a un ordine pluralista e la seconda ha trovato naturale sbocco nel “mito della nazione cattolica”, ossia nell’idea che ancor prima che una comunità politica e istituzionale, l’Argentina è una comunità di spirito. Ciò ha inibito due cose chiave dei processi di modernizzazione: la separazione della sfera politica dalla sfera religiosa e la maturazione di uno Stato di diritto libero da un’ipoteca religiosa che lo tuteli. Se tale è la (originalissima!) lettura della peculiarità storica argentina, altrettanto originale è la interpretazione della feroce violenza politica che ha afflitto il paese negli anni ’60 e ’70 e della barbarie cui è giunta. Tale conflitto è infatti letto come una “guerra di religione”, tra istituzioni e correnti ideologiche (i militari, la chiesa, il peronismo, il sindacalismo, il nazionalismo) che ritenendosi depositarie del monopolio del mito unanimista della nazione cattolica, si sono combattute invocando tutte la cattolicità della nazione, Dio e il vangelo ritenendoli valori superiori allo Stato di diritto. Solo quando la violenza ha raggiunto durante l’ultima dittatura militare limiti di disumanità impensabili, s’è sviluppata nel paese e nella stessa Chiesa una corrente di riflessione sulle virtù dello Stato di diritto e i danni del mito nazional cattolico. La figura dell’attuale Papa, infine, pur non essendo centrale nella narrazione, spicca perché frutto coerente di tale evoluzione della Chiesa argentina: sia in quanto deciso fautore del mito della nazione cattolica, sia in quanto consapevole di quant’esso finì per lacerare la Chiesa e il paese
2014
280
9788858112380
L.Zanatta
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/363522
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