In questi ultimi quindici anni il nostro paese ha cercato di affrontare il problema, cruciale per la competitività del sistema, di una pubblica ammini-strazione inefficiente ed inefficace. Inefficiente, perché utilizza troppe risorse rispetto a ciò che fa, inefficace, poiché non risponde alle esigenze delle persone e delle aziende, in particolare a quelle manifestate dal contesto produttivo. La chiave di volta di questo processo di cambiamento è ravvisabile in una serie di disposizioni, che hanno fatto propria la cultura manageriale, che è quella del risultato e della responsabilità. Così operando si è considerata l’attività di indirizzo/controllo separatamente da quella di gestione, si sono introdotti i criteri di efficienza, efficacia ed economicità, per dare contenuto al principio costituzionale del «buon andamento», si sono disciplinati i processi e gli strumenti contabili della pro-grammazione e del controllo e si è anche, nel contempo, delineata una nuova legalità. Nel complesso, però, in Italia, i comportamenti effettivi si sono solo parzialmente modificati, a dimostrazione di una cultura degli operatori che non si è ancora sufficientemente adeguata. E nell’Università? Molti lavori hanno già indagato come questo cambia-mento si sia espresso con caratteristiche specifiche. Il presente scritto si colloca in questa direzione. Ma lo fa, “imbrigliando” la materia trattata non solamente sulla base di una solida conoscenza dell’economia aziendale, ma anche facendone emergere specificità e peculiarità che riconduce al più generale processo di rinnovamento della pubblica amministrazione e dunque dando, in questa direzione, un significativo contributo di riflessione. Il lettore è così condotto per mano in un percorso difficile ma coinvolgente, con interessanti prospettive per lo studioso che non ha ancora affrontato questi temi, ma soprattutto per l’insieme degli operatori. Un aspetto che nelle Università è ricco di problematiche è quello dell’autonomia e della contemporanea necessità di regole in tema di ordinamento finanziario e contabile. Sembra che per il Legislatore l’autonomia abbia a che fare fondamentalmente con la libertà di acquisire e utilizzare le risorse, esprimendo strategie e politiche, appunto autonome. Ma essa dovrebbe implicare non regole più deboli, al contrario, più rigide, poiché in mancanza di esse l’autonomia sfocia nell’arbitrio, nel cosiddetto “controllo dei clan”. Se dunque nella pubblica amministrazione è sempre importante comprendere come materialmente debba avvenire il cambiamento, nelle Università lo è ancora di più, anche come premessa ad una qualche forma di razionalizzazione normativa. Un esempio per tutti: si può continuare con bilanci che si ispirano a logiche (di competenza giuridica, di cassa o economiche) diverse, utilizzando altresì schemi espositivi diversi? Il lavoro è dunque in grado di aiutare chi è impegnato nell’università, o chi la vuole meglio conoscere, particolarmente coloro che, negli organismi accademici, si propongono di realizzare un progetto ambizioso: essere competitivi (efficienti nell’utilizzazione delle risorse ed efficaci nei risultati) e capaci di attrarre risorse, utilizzando allo scopo, nel modo migliore, gli strumenti del controllo direzionale.

Prefazione

FARNETI, GIUSEPPE
2005

Abstract

In questi ultimi quindici anni il nostro paese ha cercato di affrontare il problema, cruciale per la competitività del sistema, di una pubblica ammini-strazione inefficiente ed inefficace. Inefficiente, perché utilizza troppe risorse rispetto a ciò che fa, inefficace, poiché non risponde alle esigenze delle persone e delle aziende, in particolare a quelle manifestate dal contesto produttivo. La chiave di volta di questo processo di cambiamento è ravvisabile in una serie di disposizioni, che hanno fatto propria la cultura manageriale, che è quella del risultato e della responsabilità. Così operando si è considerata l’attività di indirizzo/controllo separatamente da quella di gestione, si sono introdotti i criteri di efficienza, efficacia ed economicità, per dare contenuto al principio costituzionale del «buon andamento», si sono disciplinati i processi e gli strumenti contabili della pro-grammazione e del controllo e si è anche, nel contempo, delineata una nuova legalità. Nel complesso, però, in Italia, i comportamenti effettivi si sono solo parzialmente modificati, a dimostrazione di una cultura degli operatori che non si è ancora sufficientemente adeguata. E nell’Università? Molti lavori hanno già indagato come questo cambia-mento si sia espresso con caratteristiche specifiche. Il presente scritto si colloca in questa direzione. Ma lo fa, “imbrigliando” la materia trattata non solamente sulla base di una solida conoscenza dell’economia aziendale, ma anche facendone emergere specificità e peculiarità che riconduce al più generale processo di rinnovamento della pubblica amministrazione e dunque dando, in questa direzione, un significativo contributo di riflessione. Il lettore è così condotto per mano in un percorso difficile ma coinvolgente, con interessanti prospettive per lo studioso che non ha ancora affrontato questi temi, ma soprattutto per l’insieme degli operatori. Un aspetto che nelle Università è ricco di problematiche è quello dell’autonomia e della contemporanea necessità di regole in tema di ordinamento finanziario e contabile. Sembra che per il Legislatore l’autonomia abbia a che fare fondamentalmente con la libertà di acquisire e utilizzare le risorse, esprimendo strategie e politiche, appunto autonome. Ma essa dovrebbe implicare non regole più deboli, al contrario, più rigide, poiché in mancanza di esse l’autonomia sfocia nell’arbitrio, nel cosiddetto “controllo dei clan”. Se dunque nella pubblica amministrazione è sempre importante comprendere come materialmente debba avvenire il cambiamento, nelle Università lo è ancora di più, anche come premessa ad una qualche forma di razionalizzazione normativa. Un esempio per tutti: si può continuare con bilanci che si ispirano a logiche (di competenza giuridica, di cassa o economiche) diverse, utilizzando altresì schemi espositivi diversi? Il lavoro è dunque in grado di aiutare chi è impegnato nell’università, o chi la vuole meglio conoscere, particolarmente coloro che, negli organismi accademici, si propongono di realizzare un progetto ambizioso: essere competitivi (efficienti nell’utilizzazione delle risorse ed efficaci nei risultati) e capaci di attrarre risorse, utilizzando allo scopo, nel modo migliore, gli strumenti del controllo direzionale.
2005
Il controllo direzionale nelle Università. Dal sistema di bilancio alla balanced scorecard
XI
XII
Farneti G.
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