La città contemporanea sembra rifiutare di essere descritta e analizzata nei termini propri degli studiosi del passato. La sua rappresentazione sembra esserci sfuggita di mano. Ed è sfuggita di mano ad amministratori e politici, ad architetti e sociologici, ad antropologi e urbanisti. Innegabilmente, la città, i suoi spazi, i suoi circuiti di vita, oggi, sono il risultato dei processi molteplici, diversificati e contraddittori del mondo in cui viviamo. La città potrebbe quasi essere assunta a metafora per analizzare i paradossi e la complessità dei mondi contemporanei. Spazio unificato ma al tempo stesso sempre più eterogeneo, oltrepassa e trascende con le sue mescolanze di lingue, codici espressivi, usi, costumi, lo Stato e la Nazione, vale a dire i confini costruiti, nel passato, dalla modernità a garanzia dei diritti di cittadinanza. Allo stesso tempo molti conflitti urbani della contemporaneità seguono vecchi modelli propri delle battaglie per il possesso del territorio. Anche per questo la città ci sollecita a seguire gli intrecci tra locale e globale, ad analizzare insieme i processi di globalizzazione e di indigenizzazione, i movimenti transnazionali e contemporaneamente la loro interpretazione contestuale. Bologna è una città universitaria, una città mercato, la città delle fiere, la città del divertimento, la città dell’immigrazione. Una città che raccoglie diverse cittadinanze, di fatto e non di diritto, diversamente stratificate per luogo e tempo di residenza, istruzione e reddito, storicamente differenziate, socialmente sovrapposte ma che appaiono oggi profondamente lacerate. E’ negli ultimi tempi - a cominciare dagli anni Ottanta – che queste cittadinanze hanno accentuato questo carattere di mondi separati. E i diversi gruppi che compongono le tessere di questo mosaico appaiono ignorarsi, privati di una politica coerente che li ponga gli uni accanto agli altri. Così, complice la nuova stagione che comprime e riduce il sistema di welfare mente si inneggia da più parti alla forza propulsiva del libero mercato, la gestione e le relazioni con le diversità si sono canalizzate soprattutto in un rapporto commerciale e mercantile che ha sottolineato nelle alterità – immigrati, studenti fuori sede, turisti delle fiere, operatori culturali – soprattutto la durata temporanea della loro presenza nei circuiti cittadini. E gli incontri hanno subito il filtro della loro immediata convivenza, assumendo spesso quell’alone di pericolosità così comune nei mass media nazionali e cittadini. Oggi la contemporaneità richiede che la complessità non sia assunta come dato da semplificare/eliminare ma sia individuata come caratteristica specifica della cultura della città; e allora una città dotata di lunga storia è chiamata a difendere la sua tradizione aprendola tuttavia a una lettura nuova del passato che ponga in primo piano le necessità del presente e che si orienti su forme di rappresentazione che considerino la complessità delle relazioni nelle nuove articolazioni delle differenze come dati strutturali e non accidentali. Si tratta, cioè, di valorizzare i meticciati, le contaminazioni di gruppi, di linguaggi, di codici, già diffusamente in atto per svilupparne la produttività e potenzialità.

Cittadinanze lacerate

CALLARI, MATILDE
2004

Abstract

La città contemporanea sembra rifiutare di essere descritta e analizzata nei termini propri degli studiosi del passato. La sua rappresentazione sembra esserci sfuggita di mano. Ed è sfuggita di mano ad amministratori e politici, ad architetti e sociologici, ad antropologi e urbanisti. Innegabilmente, la città, i suoi spazi, i suoi circuiti di vita, oggi, sono il risultato dei processi molteplici, diversificati e contraddittori del mondo in cui viviamo. La città potrebbe quasi essere assunta a metafora per analizzare i paradossi e la complessità dei mondi contemporanei. Spazio unificato ma al tempo stesso sempre più eterogeneo, oltrepassa e trascende con le sue mescolanze di lingue, codici espressivi, usi, costumi, lo Stato e la Nazione, vale a dire i confini costruiti, nel passato, dalla modernità a garanzia dei diritti di cittadinanza. Allo stesso tempo molti conflitti urbani della contemporaneità seguono vecchi modelli propri delle battaglie per il possesso del territorio. Anche per questo la città ci sollecita a seguire gli intrecci tra locale e globale, ad analizzare insieme i processi di globalizzazione e di indigenizzazione, i movimenti transnazionali e contemporaneamente la loro interpretazione contestuale. Bologna è una città universitaria, una città mercato, la città delle fiere, la città del divertimento, la città dell’immigrazione. Una città che raccoglie diverse cittadinanze, di fatto e non di diritto, diversamente stratificate per luogo e tempo di residenza, istruzione e reddito, storicamente differenziate, socialmente sovrapposte ma che appaiono oggi profondamente lacerate. E’ negli ultimi tempi - a cominciare dagli anni Ottanta – che queste cittadinanze hanno accentuato questo carattere di mondi separati. E i diversi gruppi che compongono le tessere di questo mosaico appaiono ignorarsi, privati di una politica coerente che li ponga gli uni accanto agli altri. Così, complice la nuova stagione che comprime e riduce il sistema di welfare mente si inneggia da più parti alla forza propulsiva del libero mercato, la gestione e le relazioni con le diversità si sono canalizzate soprattutto in un rapporto commerciale e mercantile che ha sottolineato nelle alterità – immigrati, studenti fuori sede, turisti delle fiere, operatori culturali – soprattutto la durata temporanea della loro presenza nei circuiti cittadini. E gli incontri hanno subito il filtro della loro immediata convivenza, assumendo spesso quell’alone di pericolosità così comune nei mass media nazionali e cittadini. Oggi la contemporaneità richiede che la complessità non sia assunta come dato da semplificare/eliminare ma sia individuata come caratteristica specifica della cultura della città; e allora una città dotata di lunga storia è chiamata a difendere la sua tradizione aprendola tuttavia a una lettura nuova del passato che ponga in primo piano le necessità del presente e che si orienti su forme di rappresentazione che considerino la complessità delle relazioni nelle nuove articolazioni delle differenze come dati strutturali e non accidentali. Si tratta, cioè, di valorizzare i meticciati, le contaminazioni di gruppi, di linguaggi, di codici, già diffusamente in atto per svilupparne la produttività e potenzialità.
2004
Callari Galli M.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/18314
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