(i) L’industria delle traduzioni Negli anni 30, nel pieno dei così detti “anni del consenso”, l’Italia pubblicava più traduzioni di qualsiasi paese al mondo. Il successo dei romanzi tradotti ha contribuito alla industrializzazione dell’editoria italiana e al consolidarsi di un mercato popolare. (ii) Le campagne contro le traduzioni Molti autori italiani, e in particolare la direzione del Sindacato degli autori e scrittori, si sono lamentati di quello che chiamavano “l’invasione dello straniero”, incoraggiato a loro parere da editori poco patriottici, e ci furono diversi tentativi di spingere il regime a prendere misure restrittive. Contro queste campagne si oppose invece la Federazione degli editori che rivendicava la legittimità dei loro interessi economici nel mercato delle traduzioni e respinse strenuamente le accuse di anti-patriottismo. (iii) L’atteggiamento del regime E’ forse sorprendente che il regime, e più specificamente il Ministero della cultura popolare, prima del 1938 e l’introduzione delle leggi razziali, non impose una censura specifica per le traduzioni e non prese alcuna misura restrittiva per arginare il loro flusso; nonostante una politica culturale apertamente nazionalista che disprezzava i paesi democratici – fonte della maggior parte dei romanzi popolari tradotti in questo periodo. Nel clima xenofobo dell’anti-semitismo ufficiale e gli anni della guerra, invece, ci furono le prime iniziative da parte del regime mirate specificamente contro le traduzioni.

Importazione avvelenatrice: la traduzione e la censura nell’Italia fascista

RUNDLE, CHRISTOPHER
2004

Abstract

(i) L’industria delle traduzioni Negli anni 30, nel pieno dei così detti “anni del consenso”, l’Italia pubblicava più traduzioni di qualsiasi paese al mondo. Il successo dei romanzi tradotti ha contribuito alla industrializzazione dell’editoria italiana e al consolidarsi di un mercato popolare. (ii) Le campagne contro le traduzioni Molti autori italiani, e in particolare la direzione del Sindacato degli autori e scrittori, si sono lamentati di quello che chiamavano “l’invasione dello straniero”, incoraggiato a loro parere da editori poco patriottici, e ci furono diversi tentativi di spingere il regime a prendere misure restrittive. Contro queste campagne si oppose invece la Federazione degli editori che rivendicava la legittimità dei loro interessi economici nel mercato delle traduzioni e respinse strenuamente le accuse di anti-patriottismo. (iii) L’atteggiamento del regime E’ forse sorprendente che il regime, e più specificamente il Ministero della cultura popolare, prima del 1938 e l’introduzione delle leggi razziali, non impose una censura specifica per le traduzioni e non prese alcuna misura restrittiva per arginare il loro flusso; nonostante una politica culturale apertamente nazionalista che disprezzava i paesi democratici – fonte della maggior parte dei romanzi popolari tradotti in questo periodo. Nel clima xenofobo dell’anti-semitismo ufficiale e gli anni della guerra, invece, ci furono le prime iniziative da parte del regime mirate specificamente contro le traduzioni.
2004
Christopher Rundle
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