Le Muse affronta la questione del paradossale statuto dell’arte, che – per usare il titolo di un altro noto libro di Nancy – è al contempo “singolare-plurale”. La domanda provocatoria lanciata è infatti: “Perché ci sono più arti e non una sola?” Nancy prende le mosse dalla connessione platonica tra eros e poiesis, per poi rivisitare alcuni nodi tematici della riflessione di Kant, Hegel e Freud. Come emerge già dalla radice del nome, la Musa ha a che fare con una tensione, con un’eccitazione che, pur scaricandosi di volta in volta in una forma determinata, serba il ricordo della sua origine multipla ed eterogenea. In questa cornice vengono collocate le riflessioni sulla Morte della Vergine di Caravaggio, cui è dedicato il capitolo dal titolo “Sulla soglia”. Riprendendo un motivo già affrontato nel Regard du portait, Nancy indaga la connessione tra arte ed esistenza, tra opera e vita, tra eternità e finitudine, tra rivelazione e opacità . Il soggetto della tela, come noto, è la morte, in quanto oggetto di rappresentazione che ci ri-guarda. Osservando il dipinto, ci collochiamo in un non-luogo che è al contempo dentro e fuori la scena dipinta, ovvero al confine tra l’al di qua e l’al di là. Ma tale soglia non è osservabile e indicabile a dito, quanto piuttosto partecipata: siamo noi, i vivi, che “nella morte non ci siamo mai, ci siamo sempre” (p. 88). Il frammezzo è la pittura stessa, che ci rende accessibile l’inaccessibile: «La grande tela come la nostra palpebra, non un velo che svela, non una rivelazione, ma il potere e l’intenzione di vedere [...] Questa pittura dipinge la soglia dell’esistenza» (p. 89). Nessuna rivelazione, dunque, ma semmai una ri-velazione, ossia la presentazione di un sottrarsi. La polarità concettuale di partecipazione e distacco costituisce anche il leitmotiv del capitolo dedicato all’atto di origine della pittura nella grotta di Lascaux. Si tratta di un ‘ri-trarsi’, da intendersi come anelito verso il senso, nella consapevolezza che «la struttura della ricerca è una struttura di fuga e di perdita» (p. 126). È proprio questo libero gioco di attrazione e repulsione che caratterizza la dimensione estetica, come Nancy precisa all’inizio del capitolo successivo, “Le arti si fanno le une contro le altre”. Le arti si stimolano l’un l’altra, e in questa pulsione erotica anche al contempo delimitano i loro confini: si danno l’una all’altra senza per questo annullarsi. Ma questa apparente incompletezza del loro reciproco donarsi è anche l’unica compiutezza possibile. Di qui Nancy ribadisce la connessione tra arte ed eros, al centro dell’ultimo capitolo, Prasens: «L’amore compiuto è quello che non è saturo, né appagato, ma è sempre desiderio e ritorno eterno del desiderio. Desiderio che gode del desiderare» (p. 155). È infatti il richiamo all’elemento erotico e patico che rende possibile il rinnovamento artistico. Come in amore così nell’arte, l’alterità dell’altro resta assoluta e come tale sfugge a ogni pretesa di unità e di dominio. Resta una scia come quella di una cometa, una traccia da seguire, sempre e di nuovo. (testo apparso su "www.recensionifilosofiche.it")

Le Muse.

TARTARINI, CHIARA
2006

Abstract

Le Muse affronta la questione del paradossale statuto dell’arte, che – per usare il titolo di un altro noto libro di Nancy – è al contempo “singolare-plurale”. La domanda provocatoria lanciata è infatti: “Perché ci sono più arti e non una sola?” Nancy prende le mosse dalla connessione platonica tra eros e poiesis, per poi rivisitare alcuni nodi tematici della riflessione di Kant, Hegel e Freud. Come emerge già dalla radice del nome, la Musa ha a che fare con una tensione, con un’eccitazione che, pur scaricandosi di volta in volta in una forma determinata, serba il ricordo della sua origine multipla ed eterogenea. In questa cornice vengono collocate le riflessioni sulla Morte della Vergine di Caravaggio, cui è dedicato il capitolo dal titolo “Sulla soglia”. Riprendendo un motivo già affrontato nel Regard du portait, Nancy indaga la connessione tra arte ed esistenza, tra opera e vita, tra eternità e finitudine, tra rivelazione e opacità . Il soggetto della tela, come noto, è la morte, in quanto oggetto di rappresentazione che ci ri-guarda. Osservando il dipinto, ci collochiamo in un non-luogo che è al contempo dentro e fuori la scena dipinta, ovvero al confine tra l’al di qua e l’al di là. Ma tale soglia non è osservabile e indicabile a dito, quanto piuttosto partecipata: siamo noi, i vivi, che “nella morte non ci siamo mai, ci siamo sempre” (p. 88). Il frammezzo è la pittura stessa, che ci rende accessibile l’inaccessibile: «La grande tela come la nostra palpebra, non un velo che svela, non una rivelazione, ma il potere e l’intenzione di vedere [...] Questa pittura dipinge la soglia dell’esistenza» (p. 89). Nessuna rivelazione, dunque, ma semmai una ri-velazione, ossia la presentazione di un sottrarsi. La polarità concettuale di partecipazione e distacco costituisce anche il leitmotiv del capitolo dedicato all’atto di origine della pittura nella grotta di Lascaux. Si tratta di un ‘ri-trarsi’, da intendersi come anelito verso il senso, nella consapevolezza che «la struttura della ricerca è una struttura di fuga e di perdita» (p. 126). È proprio questo libero gioco di attrazione e repulsione che caratterizza la dimensione estetica, come Nancy precisa all’inizio del capitolo successivo, “Le arti si fanno le une contro le altre”. Le arti si stimolano l’un l’altra, e in questa pulsione erotica anche al contempo delimitano i loro confini: si danno l’una all’altra senza per questo annullarsi. Ma questa apparente incompletezza del loro reciproco donarsi è anche l’unica compiutezza possibile. Di qui Nancy ribadisce la connessione tra arte ed eros, al centro dell’ultimo capitolo, Prasens: «L’amore compiuto è quello che non è saturo, né appagato, ma è sempre desiderio e ritorno eterno del desiderio. Desiderio che gode del desiderare» (p. 155). È infatti il richiamo all’elemento erotico e patico che rende possibile il rinnovamento artistico. Come in amore così nell’arte, l’alterità dell’altro resta assoluta e come tale sfugge a ogni pretesa di unità e di dominio. Resta una scia come quella di una cometa, una traccia da seguire, sempre e di nuovo. (testo apparso su "www.recensionifilosofiche.it")
2006
8881034220
Jean-Luc Nancy
Les Muses
C. Tartarini
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/105255
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